Con Marlene Dietrich chiudiamo questo 2021 e riprendiamo a parlare di cinema, e non solo, dopo qualche settimana di “latitanza” dall’argomento. Nel frattempo, il team Zoa Studio non ha mancato di visitare qualche sala cinematografica per raccontarvi sempre di più nei prossimi articoli.
Da Marie Magdalene a Marlene Dietrich
Nata a Berlino il 27 dicembre 1901, ecco perché la celebriamo oggi, Marie Magdalene Dietrich è la figlia di un ufficiale prussiano, morto quando lei era ancora una bambina. In seguito a questa tragedia, viene cresciuta da sola dalla madre, che finisce per risposarsi con un ufficiale di cavalleria.
Già prima dell’adolescenza, decide di contrarre i suoi due nomi per adottarne uno nuovo. Da quel momento in poi, e per sempre per il pubblico, Marie Magdalene diventa Marlene. Sviluppando molto presto i suoi talenti nel canto e nella musica (violino e pianoforte), la giovane Marlene Dietrich ha visto i suoi sforzi andare in frantumi quando ha dovuto rinunciare all’archetto a causa di un problema al polso. Questo incidente non la disilluse dal volere però da una carriera artistica, poiché si iscrisse a una prestigiosa scuola di recitazione, quella di Max Reinhardt, famoso regista austriaco. Siamo nel 1921, Dietrich inizia quindi la sua carriera sul palcoscenico, in teatro e nelle riviste.
Avevamo parlato di non mollare di fronte alla sconfitta o alle difficoltà proprio un paio di settimane fa con Walt Disney, ci ritroviamo di nuovo a portare avanti questo messaggio, e lo facciamo con piacere!
Nel 1923 Marlene sposò Rudolf Sieber e l’anno dopo diede alla luce sua figlia, Maria Elisabeth. In questo periodo il suo talento nella danza e la sua bellezza le aprirono le porte del cinema. Oltre ad alcune apparizioni in produzioni mute, è aiutata da suo marito, un assistente produttore. È grazie a lui che integra il cast di una pellicola nel suo primo ruolo accreditato (Tragedy of Love di Joe May).
L’ Angelo Azzurro
Fino alla fine degli anni ’20 Marlene si esibì al cinema, a teatro e sui palchi dei music hall. Fu poi notata dal regista Josef von Sternberg che stava cercando l’eroina del suo prossimo film, L’angelo azzurro (1930). Josef von Sternberg ha appena trovato la sua musa ispiratrice. Marlene Dietrich incontra il suo Pigmalione. Faranno film insieme sette volte.
Considerato il primo capolavoro di film parlante, L’angelo Azzurro sublima Marlene Dietrich. “Lui mi ha creato” scriverà un giorno, a proposito del regista che le propone il ruolo di Lola Lola, ballerina di cabaret che ammalia un vecchio professore di letteratura interpretato da Emil Jannings. La canzone che cantò, Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt (Sono stato creato per l’amore dalla testa ai piedi) divenne un classico dell’epoca.
È tuttavia un’inesattezza storica credere che la Dietrich fu creata da regista Josef von Sternberg quando la scrittura come attrice nel film l’Angelo Azzurro.
L’evoluzione personale e professionale di Marlene Dietrich
Nel 1930 l’immagine pubblica della Dietrich che era già stata completamente elaborata. Benché Von Sternberg esaltò il fascino divino della Dietrich nei sette film girati insieme, il loro rapporto fu sempre di collaborazione anche se a tratti burrascoso e quasi sadomasochistico.
L’attrice affidava al regista il compito di lanciare il personaggio Dietrich grazie alla sua padronanza degli elementi cinematografici, della fotografia, dei costumi e della scenografia. Durante questa collaborazione il look della Dietrich subì un’evoluzione. Da attrice di cabaret formosa e sfrontata divenne una dea elegante e proterva che seduceva allo stesso tempo uomini di bell’aspetto e splendide donne, un riflesso dei suoi gusti sessuali. Seguiva sempre i propri istinti senza preoccuparsi minimamente dei potenziali effetti distruttivi che avrebbero avuto su sé stessa o sugli altri.
Attraverso le interpretazioni cinematografiche e teatrali e con gli spettacoli di cabaret la Dietrich plasmò un personaggio concreto, quello della femme fatale bisessuale che affondava le sue radici nell’ossessione tardo ottocentesca per la femminilità maliarda e aggressiva delle vamp i cui migliori esempi sono contenuti nelle opere di scrittori come Charles Baudelaire e Oscar Wilde o di pittori come Gustav Klimt e Gustave Moreau.
Marlene Dietrich iniziò quindi a intraprendere una carriera hollywoodiana, tanto più che la Paramount vide in lei l’attrice che potrebbe competere con Greta Garbo, allora ingaggiata dallo studio concorrente MGM. Negli Stati Uniti, sempre sotto la telecamera di Josef von Sternberg, non è più Lola Lola ma Amy Jolly, anche se resta nel ruolo di una cantante di cabaret (Hearts Burned, 1930). Il ruolo le è valso una nomination all’Oscar, l’unica.
La Germania reclama Marlene Dietrich
Marlene Dietrich passa poi ai lungometraggi con Sternberg: Agent X27, Shanghai Express, Blonde Venus e altri. Alternativamente ballerina, femme fatale o spia, interpreta Caterina II di Russia in The Red Empress (1935), un film in cui condivide lo schermo con sua figlia, Maria Riva. Il fallimento nel 1935 di La femme et le puppet pose fine alla sua collaborazione con il suo regista preferito. Mentre il rumore degli stivali minaccia l’Europa, Marlene si oppone al nazismo e prende la nazionalità americana. Ammirata da Hitler in persona, gli appelli dei dignitari nazisti che la invitano a tornare in Germania si riveleranno quindi vani.
Al contrario, l’attrice ha partecipato allo sforzo bellico esibendosi in Europa, dove ha cantato in diversi teatri operativi. Durante questi anni sulle strade europee, conosce l’attore, e ora eroe militare, Jean Gabin, che aveva ospitato negli Stati Uniti quando lui stava cercando di sfondare a Hollywood. I due attori intrattengono una relazione durata sei anni. Questo non è del resto il suo unico legame con la Francia, Paese che lei apprezza molto, poiché viene nominata Cavaliere della Legion d’Onore nel 1949, per “servizio reso”.
I giovani soldati americani, molti dei quali non avevano mai visto i film classici della Dietrich con Von Sternberg, ebbero le stesse reazioni del pubblico di Berlino. La idolatravano quando cantava canzoni sensuali come Lili Marleen ornata da gonne seducenti, o quando scherzava con loro in quel suo modo unico, sfrontato ma distaccato al tempo stesso, come se fosse una Venere scesa in terra nel pieno della guerra.
La carriera dopo la guerra
Se era già in tournée con i più grandi prima e durante la guerra (Ange di Ernst Lubitsch, L’Entraineuse fatale di Raoul Walsh), la sua carriera dopo il 1945 si rivelò diversa. Collabora con registi leggendari: è cantante di cabaret per Billy Wilder (La Scandaleuse de Berlin), accusata dell’omicidio del marito da Alfred Hitchcock (Le Grand Alibi), e leader di una banda di cowboy per Fritz Lang (L’ L’angelo delle maledizioni), ma i suoi film non riscuotono mai a riscuotere un grande successo di pubblico
Delusa dalle parti che Hollywood le offriva dopo la guerra nonostante alcune grandi collaborazioni, la Dietrich fece ritorno a una carriera a lungo dimenticata: le esibizioni dal vivo.
Cominciò ad esibirsi da sola in una serie di tournée attorno al mondo che riscosse con notevole successo. Nonostante l’età, la Dietrich continuava a interpretare la parte della dea caduta in terra, aiutandosi se necessario anche con espedienti artificiali. In ogni caso ebbe ancora l’occasione di offrire al cinema alcune eccellenti interpretazioni, come nel film antifascista Vincitori e Vinti.
Certo la Dietrich era vissuta ben più a lungo del Reich millenario che l’aveva coperta di ingiurie a causa della diserzione e del lavoro svolto per il nemico. E lei l’aveva fatto con stile, lo stesso stile che fa cadere ogni nuova generazione nelle braccia di quella provocante ragazza prussiana che una mattina del 1915 iniziò a forgiare un personaggio il quale non sarebbe stato solo un riflesso delle sue passioni segrete, ma che sarebbe perdurato anche dopo la scomparsa della sua stessa creatrice.
Gli ultimi anni
Vittima del maccartismo negli anni ’50, Marlene Dietrich, come abbiamo detto, poteva sempre contare sull’altra sua carriera, quella di cantante. Oltre a registrare dischi, si è esibita in vari Paesi, tra cui Francia, Israele e Germania.
Tra la metà degli anni ’50 e la metà degli anni ’60, la Dietrich viene chiamata solo per una mezza dozzina di lungometraggi. Il suo ultimo ruolo da protagonista lo deve a Giudizio a Norimberga (1961) di Stanley Kramer. Come ultima apparizione citiamo invece Just a gigolo (1978). Nel ruolo della Baronessa, funge da controparte al protagonista David Bowie in un film ambientato nel primo dopoguerra, un dramma in cui il mondo del cabaret non è mai lontano. Il cerchio è completo.
“Ho ancora una valigia a Berlino”, canta, ma è in Francia, a Parigi, che questa Venere senza tempo sceglierà di concludere la sua vita, fuori dalla vista del pubblico. Ed è in francese che esprimerà la sua gioia per l’ annuncio della caduta del muro di Berlino nel novembre 1989.
Morì il 6 maggio 1992 per un attacco cardiaco, alla vigilia dell’apertura del Festival di Cannes, a lei dedicato. Le cause della morte sono controverse. La Dietrich infatti rimase allettata per 8 anni per un progressivo peggioramento di una frattura al femore. Questo le causò delle profonde crisi depressivi. Nel 2002 le dichiarazioni della sua segretaria sollevarono dubbi sul fatto che l’infarto fosse stato una conseguenza dei barbiturici.
Marlene Dietrich, attrice, cantante, musicista e musa di molti registi, simbolo politico, ha incarnato non solo la femme fatale, sensuale e sofisticata. Ha incarnato la donna libera: una libertà testimoniata dalle sue molteplici esperienze artistiche ma anche dai suoi numerosi rapporti con gli uomini e le donne che hanno attraversato la sua vita.
In fondo sono un gentiluomo – Marlene Dietrich
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