Oggi, 28 giugno, vogliamo celebrare il compleanno di Elon Musk in maniera un po’ alternativa, potremmo quasi dire spaziale!
Pensiamo…qual è l’obiettivo del nostro Iron Man in carne ed ossa? Come già vi abbiamo raccontato in un recente articolo, lo scopo di Musk e della sua Space X, è di portare gli uomini su Marte, per colonizzarla e risolvere alcuni problemi “terrestri”.
Quindi, per fare un regalo a Elon Musk e ai lettori, evidenziamo quanto anche il mondo della musica ami Marte, andando a raccontarvi i migliori contributi dati dagli artisti a tema Pianeta Rosso.
Gustav Holst e la suite dei pianeti
Iniziamo questo viaggio musicale addirittura agli inizi del 900 con il compositore e direttore d’orchestra inglese Gustav Holst.
La suite I pianeti (The Planets) fu e rimane ancora oggi la sua opera più ricordata e ammirata. Fu concepita a partire dal 1914 sulla scia del grande interesse per l’astrologia che Holst aveva sviluppato e prendendo ispirazione dalle sue letture.
La suite in realtà si ispira agli ‘umori’ legati ai pianeti, e prende ispirazione dal libro The Art of Synthesis di Alan Leo. Il volume è diviso in capitoli ognuno dei quali è dedicato ad un pianeta, con la descrizione delle caratteristiche della personalità e i valori ad esso associati. Ecco cosa appare nel libro di Leo ad esempio.
- Venere – Amore che rinasce, emotività
- Mercurio – Il messaggero alato degli dei, pieno di risorse, eclettico
- Giove – Portatore d’abbondanza e perseveranza.
- Marte – Indipendente, ambizioso, caparbio (non sembra la descrizione di Elon Musk?)
L’opera venne completata in due fasi: dapprima Marte, Venere e Giove, quindi Saturno, Urano, Nettuno e Mercurio dopo una pausa dedicata ad altre composizioni. È inoltre interessante notare che The Planets è stato fonte d’ispirazione per varie colonne sonore cinematografiche. È noto che John Williams usò Marte, assieme ad altri brani di musica classica, durante la lavorazione di Guerre stellari. In seguito ne citò palesemente alcuni temi nella sua colonna sonora originale definitiva.
David Bowie e Marte
Continuiamo questa carrellata su Marte con il britannico David Bowie, che nel 1971 (anno di nascita di Elon Musk), pubblica il suo quarto album, Hunky Dory. Il disco contiene i prodromi per la creazione dell’alter-ego di Bowie, Ziggy Stardust. Oltre questo, Hunky Dory contiene una traccia a tema Marte, intitolata appunto Life on Mars. Sono stati molti i tentativi di decodificare questo brano, ma il più accreditato è il seguente.
Life on Mars parla di una ragazza che si rifugia in un frenetico zapping di immagini sempre diverse di vari canali televisivi, in cerca di una via di fuga dai suoi genitori. «La reazione di una ragazza sensibile al mondo dei media» come la descriveva Bowie nel 1971. Il brano è entrato a far parte non solo della cultura di massa, ma anche della cultura dell’artista stesso.
Infatti, l’anno successivo a Life on Mars, esce The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. L’album racconta di un mondo vicino all’apocalisse in cui l’ultimo eroe è un ragazzo divenuto rockstar grazie ad un aiuto alieno.
Un anno dopo ancora, nel 1973, esce Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, un film concerto girato in occasione dello show che Bowie tenne all’Hammersmith Odeon di Londra.
Questo film racconta il concerto finale dell’Aladdin Sane Tour che consacrò il successo di Bowie e degli Spiders from Mars, la band che lo accompagnava. In aggiunta, come detto prima, è stato allora che venne dato alla Storia l’alter-ego di Bowie, per l’appunto Ziggy Stardust.
Ballrooms of Mars
Nel 1972, oltre ad uscire l’album di Bowie, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, anche i T-Rex offrono il loro contributo a Marte.
Lo celebrano infatti nel brano Ballrooms of Mars, di cui leggiamo alcuni versi.
We’ll dance our lives away
In the Ballrooms of Mars
You talk about day
I’m talking ‘bout night time
When monsters call out
The names of men
Sebbene molti sostengano Marc Bolan, leader dei T-Rex, non volesse trasferire un concetto con questo brano (sbagliato), altri critici concordano con il contrario (ding ding!!).
Una ipotesi è che questa canzone sia una specie di lettera al sopracitato David Bowie. Marc Bolan e Bowie erano amici intimi dalla fine degli anni ’60, e Bowie aveva fatto riferimento all’essere stato dimenticato da Bolan quando quest’ultimo divenne famoso. Quindi, dopo che Bowie realizzò Hunky Dory nel 1971, consacrandolo al successo, Bolan ebbe un’ispirazione e scrisse Ballrooms of Mars per celebrare la rinnovata amicizia con l’amico autore di Life on Mars.
Altra ipotesi è che il brano parli di guerra o meglio di anti-guerra. Marte, dio della guerra, viene sconfitto dal combattere (nel brano è ballare) sui campi, qui definiti sale da ballo. Per questo si fa riferimento a Bob Dylan, Alan Freed e John Lennon, icone del movimento pacifista.
Un’ultima ipotesi è che, rimuovendo tutti i riferimenti allo spazio, la canzone parli di qualcuno a cui l’autore era molto legato. Il motivo triste e cupo porta a credere che sia successo qualcosa al protagonista del brano o al suo rapporto con l’autore. Quindi, questa persona fisicamente non è più “sulla terra” o nella sua realtà, ecco perché l’autore si trova a doverlo incontrare su Marte.
Marte e gli anni 90
Thirty Seconds to Mars
E su Marte, o poco distante, incontriamo invece una band che al Pianeta Rosso deve il suo nome: Thirty Seconds to Mars. Il gruppo americano nasce nel 1998 dall’unione dell’attore Jared Leto (pure premio Oscar non dimentichiamolo), con il fratello Shannon, a cui si sono aggiunti altri due componenti.
Il nome del gruppo è stato spiegato dai fratelli Leto in un’intervista della Virgin Records.
“Abbiamo trovato su internet delle teorie di un professore di Harvard, riguardanti una tecnologia sempre più avanzata. Una delle sotto teorie si chiamava Thirty Seconds to Mars e noi l’abbiamo scelta perché ci sentiamo a 30 secondi da Marte e secondo noi questo nome rappresenta bene la nostra musica”.
Non possiamo dar loro torto, in effetti la loro musica, in alcuni tratti, sembra quasi spaziale, post apocalittica, di un’altra dimensione…roba alla Stranger Things praticamente!
L’album di debutto esce qualche anno dopo, nel 2002, e porta lo stesso nome della band, Thirty Seconds to Mars. Il contenuto delle canzoni raccontano personaggi che vivono alienazione, paranoia e ossessione, immaginando una fuga dal mondo terreno. Come raccontato in varie interviste dalla band, ogni traccia del disco costituisce una storia reale che esamina la personale esperienza umana.
Purtroppo l’album non ha successo e bisognerà aspettare il 2008 e l’uscita di A Beautiful Lie per il riconoscimento della band nel panorama musicale.
Misfits
Qualche anno prima della nascita dei Thirty Seconds to Mars, restando negli anni novanta, già un’altra band aveva dato i dovuti omaggi al pianeta rosso. Stiamo parlando dei Misfits, gruppo punk rock statunitense.
I Misfits hanno celebrato Marte in due occasioni differenti. Nel 1995 esce Static Age, un album risalente tuttavia al 1978. All’interno del disco il pezzo Teenagers from Mars, di cui esistono solo 6 copie in EP. Secondo Glenn Danzig, fondatore dei Misfits, la prima copia acetata aveva Teenagers From Mars in entrambi i lati. Glenn possedeva cinque copie speciali che sono andate: una a Jerry Only; una al jukebox di Max’s Kansas City; una al jukebox del CBGB, una a George Germain. Che storia assurda!
Nel 1997, quindi due anno dopo l’uscita di Static Age, esce l’album American Psycho, che contiene un’altra traccia “marziana”. Si tratta del brano Mars Attacks. Il singolo non venne mai estratto dall’album perchè a vedere la luce fu un altro pezzo, Dig Up Her Bones.
E’ evidente che il tema Marte è caro alla band, forse perché i marziani un po’ rappresentano i disadattati, quelli che stanno al di fuori, così come i Misfits si sentivano per attribuirsi un nome simile.
Marte negli anni 2000
Atterriamo infine nel nostro millennio per parlarvi di una serie televisiva, diretta da Ron Howard, che si chiama proprio Marte. Uscita nel 2016 per National Geographic, Marte fonde interviste reali con la storia immaginaria di un gruppo di astronauti che atterra proprio sul pianeta rosso. Mescolate con la storia ci sono infatti riprese di interviste reali dall’anno 2016 dell’equipaggio e del loro controllo di missione, tra cui diversi scienziati e ingegneri come Andy Weir, Robert Zubrin e Neil deGrasse Tyson e il festeggiato di oggi, Elon Musk.
Ma abbiamo detto che avremmo parlato di musica, infatti citiamo Marte per la colonna sonora, composta da Nick Cave e Warren Ellis. Praticamente questa serie ha il meglio del meglio, dalla regia, alla musica, ai testi e agli intervistati! L’album è in vendita anche sul sito di Nick Cave: https://www.nickcave.com/releases/mars/.
In conclusione, oggi vi abbiamo raccontato come un pianeta abbia “influenzato” praticamente un secolo di musica. E’ stato molto interessante ripercorrere il contributo diversi artisti, dalla musica classica al rock, ricordando chi ha visto nel pianeta uno spunto per parlare di alienazione e chi ha tratto ispirazione per il nome della propria band.
Magari tutti questi brani li porteremo per ascoltarli sulla navicella diretta verso Marte e la nostra nuova vita, potremmo fare a tempo!
#versomarteeoltre
#ilpianetadellamusica
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