Andy Warhol è stato un artista americano e una figura di spicco della Pop Art. Questo artista ha rivoluzionato l’arte e influenza ancora oggi i suoi contemporanei. Il suo lavoro artistico esplora il rapporto tra il culto della celebrità, l’espressione artistica e la pubblicità, uno stile rivoluzionario che ha trovato il suo posto negli anni ’60.
Ora vi raccontiamo tutto.
Dalla nascita agli inizi nella pubblicità
Andy Warhol nacque il 6 agosto 1928 a Pittsburgh, in Pennsylvania, da immigrati cecoslovacchi. Il vero nome era Andrew Warhola.
Nel 1937, Andrew contrasse la corea, una malattia infettiva che colpiva il sistema nervoso. Chiamato anche ballo di San Vito, questa malattia lo costrinse a stare a letto per più di due mesi. Un cugino regalò alla famiglia una Kodak Brownie Box Camera, un dispositivo con cui il giovane Andrew scatterà molte fotografie che svilupperà lui stesso in un laboratorio improvvisato nel seminterrato della casa.
Nel 1938, quando aveva solo dieci anni, Andrew iniziò a collezionare foto autografe di star del cinema che raccoglieva preziosamente in album. Era appassionato di fotografia, disegno, riviste e mostrava un precoce interesse per l’arte. Warhol aveva anche un intenso fascino per il “glamour” di Hollywood. Addirittura dirà nel corso della vita:
“Amo Los Angeles. Amo Hollywood. Sono così belli. È tutto di plastica, ma io amo la plastica. Voglio essere di plastica”
Dal 1945 al 1949, Andy Warhol ha studiato al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh nella sezione “Pittura e Design” dove ha scoperto la pubblicità.
Appassionato e pieno di idee, si dedica alla pittura, intorno al 1960, realizzando fumetti che abbandonò quando scoprì di non essere il primo ad utilizzare questi soggetti.
Da Andrew Warhola a Andy Warhol
Una volta laureato al Carnegie Institute of Technology nel giugno 1949, partì per New York in estate e si trasferì con Philip Pearlstein in un appartamento vicino a St. Mark’s Place. Ha poi preso il nome di Andy Warhol.
Ha ricevuto le sue prime commissioni come artista pubblicitario. Da allora ha lavorato come illustratore per molte riviste: Glamour, Vogue, Seventeen, The New Yorker, Harper’s Bazaar. Produrrà anche decorazioni per vetrine, copertine di dischi, di libri e campagne pubblicitarie.
“L’arte è già pubblicità. La Gioconda avrebbe potuto servire da supporto per una marca di cioccolato, Coca-Cola o qualsiasi altra cosa”.
Nel 1952 ha luogo la sua prima mostra personale dal titolo “Fifteen Drawings on Texts by Truman Capote” alla Hugo Gallery di New York.
Quattro anni dopo tentò senza successo di entrare a far parte della Tanager Gallery, la prima galleria gestita da una cooperativa di artisti. L’anno successivo fonda la Andy Warhol Enterprises Inc. e pubblica “A Gold Book“.
Il lavoro che lo avrebbe reso famoso nel mondo è però la realizzazione di serigrafie con oggetti di consumo come soggetto principale dei suoi dipinti. Il successo arriva in fretta.
Attraverso la serigrafia, che Warhol produsse cercando non solo di rendere “artistici” i prodotti di serie, ma divulgando la produzione di massa dell’arte stessa, l’artista sminuì il suo ruolo nella produzione del suo lavoro e dichiarò che voleva essere “una macchina”, scatenando così rivoluzione nell’arte. Il suo lavoro divenne rapidamente popolare e controverso.
Continuò il suo lavoro utilizzando, nel 1962, le foto delle star dell’epoca. Ha riprodotto queste fotografie in bianco e nero, le ha colorate e poi le ha riprodotte mediante il processo di serigrafia.
I suoi ritratti più famosi sono quelli di Elvis Presley, Marilyn Monroe o anche Marlon Brando. Ha anche preso un vivo interesse per il tema della morte con la sua serie di incidenti e con la sua sedia elettrica.
Le mostre
Nel 1964, nella prima mostra europea tenutasi a Parigi presso la Galerie Ileana Sonnebend, Andy Warhol espose la serie Flowers.
Ricevette una commissione dall’architetto Philip Johnson per produrre un murale, chiamato Thirteen Most Wanted Men, che è stato esposto alla New York World’s Fair. Nel novembre del 1964 si tiene la prima mostra personale di Warhol negli Stati Uniti alla Leo Castelli Gallery.
La prima mostra personale di Pop Art di Andy Warhol è stata ospitata alla Stable Gallery di Eleanor Ward a New York, dal 6 al 24 novembre 1962. Le opere in mostra includevano il Dittico Marilyn, 100 lattine di zuppa, 100 bottiglie di Coca Cola e 100 banconote da un dollaro. In questa mostra, l’artista incontrò per la prima volta John Giorno che avrebbe recitato nel primo film di Warhol, Sleep, nel 1963.
Nel 1963, Warhol affittò uno studio a est della 87th Street, dove incontrò il suo assistente Gerard Malanga e dove iniziò appunto a dirigere il suo primo film.
In seguito, si recò a Los Angeles per la sua seconda mostra alla Ferus Gallery. Nel novembre di quell’anno, Warhol trovò un loft che divenne il suo studio principale: nacque The Factory. L’artista voleva fare di chiunque mettesse piede nel suo studio una superstar.
La Factory
Lo studio divenne un crocevia di artisti e musicisti come Lou Reed, Bob Dylan, Truman Capote e Mick Jagger. Altri visitatori più occasionali includevano Salvador Dalí e Allen Ginsberg.
Il trucco di Warhol per attirare sconosciuti nella Factory e decidere il loro nuovo status di Superstar era invitarli a fare Screen test per i suoi film.
Warhol collaborò nel 1965 con l’influente rock band newyorkese di Lou Reed, i Velvet Underground. Disegnò la celebre copertina del loro album di debutto The Velvet Underground & Nico, che consisteva in una banana di plastica gialla che si poteva veramente sbucciare per rivelarne una versione sottostante di colore rosa. Warhol progettò anche la copertina dell’album Sticky Fingers dei Rolling Stones.
I Velvet Underground usavano la Factory come studio per le prove. Walk on the Wild Side, il brano del sopramenzionato Lou Reed, il più famoso della sua carriera solista, fu pubblicato sul suo primo album di successo commerciale, Transformer. Il testo della canzone parlava delle superstar con cui si trovava alla Factory.
In aggiunta, Warhol incluse i Velvet Underground nell’Exploding Plastic Inevitable (era evidente che la plastica gli piacesse!), uno spettacolo che combinava arte, rock, le pellicole filmate da Andy e ballerini di ogni tipo. Le immagini che venivano messe in scena erano abbastanza forti, diciamo quasi sadomaso!
Lo sparo
Valerie Solanas, una radicale femminile negli anni ’60, lesbica e molto contraria agli uomini decide di raggiungere New York per pregare Warhol di produrre la sua pièce teatrale Up Your Ass. Dopo l’incontro però con l’artista e l’editore Maurice Girodias, la donna diventa paranoica, convincendosi che entrambi stiano cospirando per rubarle l’idea.
Il 3 giugno 1968 Valerie arriva alla Factory con una pistola e spara ad Andy Warhol 3 volte: 1 di questi lo colpisce. A seguito della ferita Warhol trascorse due mesi in ospedale, curando le ferite da arma da fuoco, che colpirono i polmoni, la milza, l’esofago, il fegato e lo stomaco. Questo lo ha costretto a indossare un corsetto chirurgico per tutta la vita per sostenere la caduta dei suoi organi interni.
Nel 1996 la storia di Valerie e il tentato omicidio sono state raccontate in un film dal titolo appunto “I shot Andy Warhol”.
Un’icona della scena artistica di New York
In questo periodo e negli anni successivi, Warhol fu criticato per essere diventato semplicemente un “artista d’affari”. Nel 1979 sono stati fatti diversi commenti sfavorevoli alla sua mostra di ritratti di personalità degli anni ’70, definendoli superficiali, facili e commerciali, senza profondità o senza indicazione dell’importanza del soggetto.
Questa critica ha avuto eco anche nella sua mostra del 1980. Dieci ritratti erano in mostra al Jewish Museum di New York, intitolati Jewish Geniuses. Warhol, che non aveva alcun interesse per l’ebraismo o per le questioni di interesse per gli ebrei, scrisse nel suo diario: “Venderanno”.
In retrospettiva, tuttavia, alcuni critici sono arrivati a vedere Warhol e la superficialità della commercializzazione come “lo specchio più luminoso del nostro tempo”, sostenendo che “Warhol si era impadronito di qualcosa di avvincente nella cultura americana negli anni ’70”.
Warhol è stato capace di riemergere con critiche positive e successo finanziario negli anni ’80, in parte grazie alla sua affiliazione e alle sue amicizie stabilite con un numero di giovani artisti prolifici che hanno dominato il “mercato rialzista” di New York .Parliamo di Jean-Michel Basquiat, Julian Schnabel, David Salle e altri cosiddetti neoespressionisti nonché esponenti della transavanguardia europea, tra cui Francesco Clemente ed Enzo Cucchi.
Il 20 febbraio 1987 è entrato al New York Hospital sotto falso nome (Bob Robert) per farsi curare alla cistifellea. Morì due giorni dopo, il 22 febbraio, per complicazioni postoperatorie. Il 1° aprile, la messa commemorativa celebrata in suo onore nella cattedrale di San Patrizio a New York ha riunito più di 2.000 persone.
La Fondazione Andy Warhol per le Arti Visive
Dopo la morte dell’artista, venne creata la Fondazione Andy Warhol, la cui missione è “promuovere l’espressione artistica innovativa e il processo creativo”. Si concentra principalmente su lavori di natura difficile e spesso sperimentale.
La Fondazione Warhol permette così di sostenere la creazione e la Pop art. Non esita a finanziare parzialmente gli artisti che considera all’interno delle linee guida di Warhol assegnando loro budget da $ 3.000 a $ 50.000. Questa somma permette agli artisti di poter dare libero sfogo ai propri desideri, idee e immaginazione.
Le tipologie di progetti supportati spaziano dai blog artistici, ai giornali o riviste, includendo ovviamente opere come quadri e mostre. Riunisce inoltre più di 5.900 artisti in più di 170 comunità in tutto il mondo
Questa fondazione è molto attiva dal 1987 e dispone di un sito web e di un account Facebook per poter seguire le ultime novità: The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts
L’eredità di Andy Warhol
Andy Warhol ha influenzato molti altri artisti che hanno lavorato con foto e serigrafie, oltre a un’ampia varietà di altri mezzi, sia in vita che dopo.
David Bowie: la canzone Andy Warhol
Prendiamo ad esempio la canzone di David Bowie “Andy Warhol“, inserita nell’album Hunky Dory del 1971. Influenzato dalla cultura di New York e dai Velvet Underground come riportato nella custodia dell’album “Un pò di luce bianca restituita con tante grazie” in riferimento a White Light/White Heat della band newyorkese.
David Bowie in riferimento a Andy Warhol dice” Non penso che Andy Warhol mi abbia influenzato tanto quanto si possa pensare. Cosa mi piaceva di lui? Un paio delle sue battute. Tutto può essere riprodotto. Era un’idea grandiosa. Lui come personaggio, invece, non rientrava per niente in quello che facevo. Si torna ancora a Lou e ai Velvet. E’ stato grazie ai Velvet che ho nutrito un interesse passeggero per Warhol“.
Nella sua autobiografia, David Bowie racconta di aver incontrato Warhol a New York e dice: “Era davvero impossibile (in riferimento a Warhol). Dava l’impressione che gli mancasse qualche venerdì. Non sono mai riuscito a capire se fosse una checca veramente fortunata a cui piacevano i colori accesi e aveva avuto un colpo di fortuna, o se seguisse una qualche filosofia. Non l’ho mai scoperto. Penso che in realtà fosse un cinquanta e cinquanta“.
Conclusioni
Andy Warhol, nella sua vita, ha praticato diverse forme d’arte, tra cui cinema, regia, produzione di video e installazioni. Il suo merito è stato quello di offuscare il confine tra l’estetica popolare e le belle arti.
Warhol è stato oggetto di numerose retrospettive, libri e documentari dalla sua morte nel 1987. Ha coniato la frase “15 minuti di fama“, che si riferisce allo stato transitorio della celebrità. Questa celebrità è attaccata all’attenzione dei media su un argomento, che evapora non appena l’attenzione viene attirata su un nuovo argomento. Warhol era convinto che in un futuro prossimo tutti avrebbero raggiunto i propri “15 minuti di fama” e profetizzò ciò che avvenne qualche decade dopo la sua morte con l’avvento dei social media.
Tuttavia, i 15 minuti non si applicano a Andy Warhol stesso, perché lui aveva questa capacità di scoprire la stranezza o il fascino di qualsiasi oggetto, banale o sensazionale, capacità che lo ha consacrato ai posteri.
Per saperne di più vi lasciamo ad una frase del nostro protagonista di oggi:
“Se vuoi sapere tutto su Andy Warhol, dai un’occhiata alla superficie dei miei dipinti, dei miei film e di me stesso. Sono qui. Non c’è niente dietro”
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#superstars
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