Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di ricevere in visione (courtesy of Zoa Studio’s private collection) un rockumentary su Elvis Presley e devo dire di averlo trovato estremamente interessante perché racconta la vita del re del rock’n’roll in modo originale, con un mix di filmati di repertorio e di parti recitate da attori.
This is Elvis
Sto parlando di This is Elvis e approfitto di farlo proprio oggi poiché, esattamente 42 anni fa, Elvis Presley si spense nella sua Graceland.
Il documentario in questione uscì nel 1981 ma nell’agosto 2007 fu distribuito un set di due DVD per commemorare il trentesimo anniversario della morte di Presley. Il disco 1 presenta la versione originale mostrata nei cinema, quella del 1981 per intenderci, mentre il disco 2 include la versione estesa con 45 minuti in più di riprese.
La morte del Re del Rock
Il film/documentario si apre raccontando proprio la morte di Elvis, facendo vedere i preparativi di un concerto che, alla fine, non si tenne mai. Si nota una bella carrellata dei vestiti alla “Viva Las Vegas” che Elvis tanto amava. Vi ricordate la storia della giacca donata da Liberace? Per infrescarvi la memoria vi rimandiamo a: zoastudio.wordpress.com/2019/05/16/liberace
Dopo la sequenza degli abiti si vede Il Colonnello Parker, celeberrimo manager del Re del Rock e anche consulente della pellicola in questione oggi, ricevere la telefonata con la notizia che il mondo intero non avrebbe voluto sentire quel 16 agosto 1977: “The King is dead”.
Ci sono poi alcune testimonianze di fan che sostavano ininterrottamente davanti ai cancelli di Graceland a commemorare il proprio idolo. Personalmente mi ha colpito molto sentire un ragazzo pronunciare queste parole, che fanno capire quanto Elvis fosse importante per le persone e che contributo avesse dato all’”avvicinamento razziale” attraverso la sua musica: “Whether you’re black or white, whether you’re country, redneck, or a freak, young or old, from Moscow, London or Memphis, Elvis Presley will still be the king of rock and roll to me” (trad: Che tu sia bianco o nero, che tu sia un contadino, un bifolco o uno strano, giovane o vecchio, di Mosca, Londra o Memphis, Elvis Presley sarà sempre il re del rock and roll per me”).
Il giovane Elvis Presley
E proprio a proposito della commistione di culture e influenze che Elvis Presley rappresentava, il documentario, attraverso un flashback, ci riporta alla giovinezza di Elvis, all’incontro con il blues da piccolo a Tupelo, al successivo trasferimento a Memphis, in un ambiente in cui sembrava difficile per lui adattarsi: “I didn’ fit in”. Però, in cuor suo, sapeva che qualcosa di buono gli sarebbe capitato e che sarebbe accaduto grazie alla sua chitarra e alla sua musica.
Ovviamente viene poi narrata l’ascesa al successo e tutte le critiche arrivate per gli eccessi di sensualità dei suoi movimenti che valsero ad Elvis il famoso soprannome The Pelvis (che lui non gradiva tra l’altro), per l’oscenità e volgarità della musica rock in generale. In molti la definivano “nigger music” perché, di fatto, Elvis era un bianco che cantava e suonava musica nera.
Tura Satana
La storia delle movenze pelviche di Elvis sono raccontate anche da Tura Satana, attrice statunitense di origine giapponese che ebbe una relazione con il re del rock ‘n roll. Tura negli anni ’50 era una delle più famose ballerine di burlesque. Dalle narrazioni dell’attrice, risulta che Elvis le chiese dove aveva imparato a muoversi a quel modo e Tura gli rispose che lo spettacolo si basava sulle arti marziali.
Nel volume Let’s Spend the night together di Pamela Des Barres che parla di “Supergroupies” Tura Satana racconta:
“Mi chiese se potevo dargli lezioni” (…) “Voleva imparare lo shimmy la veloce ondulazione con scuotimento delle spalle, e voleva sapere come facevo a muovermi in quel modo”.
“L’appassionato cantante, a quel punto, scherzando chiese a Miss Japan Beautiful se poteva insegnargli il tassel-twirling (la capacità di far muovere i seni in modo da far roteare le minicoppe piene di lustrini che le coprivano i capezzoli). «Dissi: “No, dolcezza. Non posso insegnarti a far roteare due nappine, ma posso insegnarti a farne roteare una!”.
Elvis e l’esotica ballerina iniziarono a vedersi segretamente ogni volta che era possibile. Tura si intrufolava di nascosto ai suoi concerti e restò piacevolmente sorpresa nell’apprendere che aveva appreso i suoi shake e shimmy e li aveva fatti suoi (…) Tura insisteva nel tenere la loro storia nascosta per non danneggiare la carriera in vertiginosa ascesa di Elvis. Non si aspettava nemmeno che lui fosse fedele: «Nel periodo in cui uscivamo insieme gli dissi: “Lo so che ci saranno altre donne che si butteranno tra le tue braccia e tu non riuscirai a dir loro di no”. E lui mi rispose: “Ci riuscirò, ci riuscirò, se stai con me”».
Tura aveva visto giusto: «Ci sono uomini che riescono a dire di no, e uomini che non ci riescono, ed Elvis non sapeva dire di no. Aveva sempre paura di ferire i sentimenti degli altri. E’ per questo che gli altri avevano la meglio, soprattutto il Colonnello. Gli mettevano i piedi in testa perché era lui che se li faceva mettere. Elvis era un ragazzetto di campagna che amava la sua mamma».
La lunga carriera di Elvis
Ed è proprio la madre di Elvis che viene tirata in ballo in un simpatico aneddoto nel documentario, quando si parla della prolifica carriera del cantante nel mondo del cinema.
Nel 1956 esce il film Love me tender e Elvis va a vederlo con la sua famiglia. La madre esce dalla proiezione molto scossa perché “non sopportava l’idea di vedere il figlio ucciso sullo schermo”.
Le trame dei film di Elvis erano praticamente sempre le stesse, con il re del rock a fare la parte del duro in risse varie. Risse sullo schermo e anche fuori, che gli costò una citazione in tribunale. La causa fu vinta ma la gente si domandava l’effetto che il comportamento di Elvis avrebbe avuto sui giovani, cosa che portò la puritanissima tv a riprendere il re “dalla vita in su” per evitare di dare scandalo.
Elvis riceve la chiamata alle armi, un’assenza dalla luci della ribalta di un paio d’anni che avrebbe potuto portarlo al dimenticatoio. E invece no, negli svariati mesi negli Stati Uniti e nei 15 in Germania con l’esercito, il Colonnello Parker lavorò alacremente perché il pubblico continuasse a ricordarsi di lui. La sera prima di rientrare in America, in occasione del suo 25esimo compleanno, la famosa Priscilla, a soli 14 anni, fa breccia nel suo cuore. Tempo dopo diventerà sua moglie anche se sembra che Elvis non dimenticò mai Tura Satana, tanto da rendere Priscilla molto simile a lei in aspetto.
Elvis continua la sua carriera girando tre film all’anno alla fine degli anni 60, mentre i Beatles si stavano impossessando dell’America dal punto di vista musicale. Elvis affronta così una crisi creativa nel girare film tanto ripetitivi che lo facevano stare male.
Nel 1968 c’è un punto di svolta nella sua carriera quando abbandona la cinematografia mettendo su un show tutto suo, l’“Elvis Presley special”.
Nel 1972 viene trasmesso in mondovisione con un miliardo di spettatori il concerto tenuto alle Hawaii, e si capisce che il re è ancora il re. Il rimettersi in tour di continuo, facendo quasi 150 date all’anno, ha un grosso peso nella vita dell’artista, sia dal punto di vista professionale che personale. L’anno dopo divorzia, frequenta altre donne come raccontato dalla sua fidanzata dell’epoca Linda Thompson, sembra trovare conforto solo nel karate e ha problemi anche legali e di diffamazione con le sue guardie che lo avevano seguito e venerato per decenni.
Verso la fine della sua vita (Elvis si spense a soli 42 anni), il re era diventato quasi una caricatura grottesca di se stesso, appesantito nel fisico e dipendente dai farmaci.
La leggenda
Non vi so spiegare gli ultimi 10 minuti del film, sono incredibilmente toccanti, lascio quindi la parola a Nick Cave, uno dei più magnetici performer che abbiamo viventi, a cui i 10 minuti finali di quel documentario hanno cambiato il concetto stesso di performance per sempre!
“Elvis continued performing until the end. In my eyes, he was some kind of angel; both terribly and awfully human yet divine in his meteoric reach that touched so many hearts. He was fallible and God-like at the same time. He crucified himself on stage in Vegas, at the supper show and the late show, hundreds and hundreds of times. His latter years on Earth were as sad and lonely as any can be, but his Vegas performances were epic triumphs of human transcendence, where the angels looked down on one who had fallen so far, then looked up to where he ascended”.
Traduzione: Elvis ha continuato a esibirsi fino alla fine. Ai miei occhi, era una specie di angelo; sia terribilmente che tremendamente umano ma divino nella sua portata meteorica che toccò così tanti cuori. Era fallibile e simile a Dio allo stesso tempo. Si è crocifisso sul palco a Las Vegas, allo spettacolo serale e all’ultimo spettacolo , centinaia e centinaia di volte. I suoi ultimi anni sulla Terra sono stati tristi e soli come si può essere, ma le sue esibizioni a Las Vegas erano epici trionfi della trascendenza umana, in cui gli angeli guardavano dall’alto in basso uno che era caduto così lontano, poi alzavano lo sguardo verso dove era asceso.
Per leggere l’intero articolo di Nick Cave vi rimandiamo direttamente al suo blog: https://www.theredhandfiles.com/what-does-elvis-mean-to-you/
Il film si conclude con uno degli ultimi concerti che vede Elvis, 6 settimane prima della sua morte, cantare My Way, con una carrellata di immagini sulla sua vita e la sua carriera.
Perché la vita lo abbandonò troppo presto ma la sua voce non lo fece mai.
#whatdoeselvismeantoyou
#noonelikeElvis
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