Glenn Gould: la musica è estasi

Omaggio di Zoa Studio a Glenn Gould

Iniziamo questo mese di ottobre parlandovi di musica con Glenn Gould. 

Al di là del riconoscimento mondiale della sua interpretazione delle Goldberg Variations, quasi tutti oggi conoscono Glenn Gould.

A più di trent’anni dalla morte oggi, colui che aveva poco gusto per l’isteria mediatica è diventato più famoso di tutti i grandi del genere. Gli estimatori manifestano un vero e proprio culto, in innumerevoli forme: film, programmi, libri, convegni.

Noi oggi gli dedichiamo un breve articolo, però resta che Gould è stato il primo musicista a conferire alla registrazione una vera e propria dimensione filosofica, molto lontana dagli effimeri miraggi della carriera.

L’apprendimento musicale di Glenn Gould

Glenn Hébert Gould è nato il 25 settembre 1932 a Toronto da madre pianista e padre violinista. Da sua madre Florence deve aver imparato il pianoforte e la musica prima di leggere e scrivere (la leggenda narra che fosse in grado di leggere la musica all’età di tre anni).

A suo padre deve la costruzione di una sedia speciale (di cui vi parleremo dopo), pieghevole e molto bassa, che porterà con sé per tutta la vita, per disperazione degli ingegneri della Columbia: con l’avanzare dell’età cominciò a scricchiolare più del dovuto. E poi Gould canticchiava ogni volta che suonava il piano.

All’età di cinque anni Glenn Gould compose i suoi primi brani (ma il suo Quartetto op.1 risale al 1956). Allo stesso tempo, ha proseguito gli studi con Frederick Silvester e la teoria con Leo Smith. Fu come organista che tenne il suo primo concerto, nel 1943. Aveva quindi solo 11 anni, come tanti talenti precoci che abbiamo incontrato in questo blog. Pensiamo per esempio, passando alla letteratura, a Arthur Rimbaud o Oscar Wilde. 

Torniamo alla musica con Glenn Gould. Sempre durante la sua prima adolescenza, suonò il Terzo Concerto di Beethoven con la Toronto Orchestra. Ogni anno trascorreva l’estate vicino al lago Sincoe, 145 km a nord della città. Il suo pianoforte segue il movimento. Fu il primo pianista a suonare per la televisione canadese (nel 1952 e sempre sulla sua sedia), il primo musicista nordamericano a non mangiare mai le verdure (“Le verdure sono maledette”, disse). 

La sedia

Per Glenn Gould, la sua sedia era molto importante. Chiunque abbia visto un video del pianista avrà notato la sua posizione seduta molto bassa, gli occhi leggermente sollevati dalla tastiera. Questa posizione insolita rispetto a una posizione convenzionale offre il vantaggio di aumentare la sensazione di pressione del tasto. Flettendo maggiormente il polso per suonare le note, i legamenti delle dita vengono sollecitati molto più del solito. Suonando in modalità “percussioni”, come quello che si trova nella musica jazz, questa posizione non sembra però molto pratica.

Alcune persone pensano che, grazie a questa posizione bassa, Glenn Gould abbia creato un’energia e una comunicazione fisica molto speciali con il suo pianoforte. Una sorta di estasi che lo mette in comunicazione diretta con la vibrazione sonora. Gould ricordava piuttosto l’atteggiamento del suo maestro (Alberto Guerrero) che quando eseguiva alcuni esercizi di pianoforte gli premeva le spalle, costringendolo così a piegarsi in avanti.

Per alcuni suoi amici, questa sedia avrebbe avuto legami indiretti con la sua infanzia; per via di sua madre che le ha insegnato a suonare in grembo e per via di suo padre che l’ha costruita. Forse stava cercando attraverso questo oggetto un contatto emotivo profondo, una nostalgia capace di creare un legame tra il passato e il tempo presente. Quando l’arte fa l’artista, non crea forse una sorta di linea continua e invisibile nelle diverse fasi della vita che vanno dall’infanzia all’età adulta?

La diverse carriere di Glenn Gould

Nel 1955, dopo il suo acclamato debutto negli Stati Uniti, registrò il suo primo album per la Columbia: The Goldberg Variations, e firmò un contratto esclusivo di venticinque anni con questa azienda. Visse poi, fino al 1964, la vita di concertista: recital, tournée all’estero, registrazioni. Co-dirige lo Stratford Festival, si mostra uno dei più ardenti difensori della musica della seconda Scuola di Vienna e accompagna il contralto Maureen Forrester, la beata. Nel 1954 decise di abbandonare definitivamente il palcoscenico. Questo accadde ovviamente non perché non sapesse suonare bene in pubblico!

Da quella data Gould fece esplodere la sua carriera: continuò a registrare un gran numero di dischi (più di ottanta, quasi un milione e mezzo di copie vendute) ma scrisse anche molto: quasi quaranta articoli, alcuni lunghissimi, come lo studio che dedica ai dodecafonisti, quello che scrisse su Schoenberg, sul futuro dell’elettronica, su Stokowski, su Beethoven, ecc.,

Ha partecipato regolarmente a numerose trasmissioni radiofoniche, ha diretto documentari e girato con Bruno Monsaingeon quasi dieci film per la televisione che sono già considerati dei classici del genere. Ha scritto la colonna sonora di diversi film, come Slaughterhouse 5, di GR Hill.

Alla fine della sua vita, Glenn Gould iniziò un’ultima carriera. Quello del direttore d’orchestra. Ha inciso, a capo di un’orchestra formata per l’occasione, una versione per orchestra da camera di Siegfried Idyll, di Wagner.

Glenn Gould ha avuto la vita di un creatore. Non morì di sifilide, né impiccato a un lampione, né di cancrena a Marsiglia, ma di ictus, in un letto d’ospedale, a Toronto, il 4 ottobre 1982. 

Dopo la morte

L’anno successivo alla morte di Glenn Gould, avvenuta il 4 ottobre 1982,  lo scrittore austriaco Thomas Bernhard ha scritto Il soccombente, un romanzo di finzione di cui è protagonista il pianista canadese, che rivela quanto Gould fosse importante nella cultura di massa. Dieci anni dopo la biografia di Glenn Gould è stata il soggetto di un film premiato dalla critica, Trentadue piccoli film su Glenn Gould (Thirty Two Short Films About Glenn Gould) di François Girard.

Nel 2015 viene pubblicata una biografia a fumetti del musicista: Glenn Gould, una vita fuori tempo, opera dell’illustratrice francese Sandrine Revel. 

Oltre ai riconoscimenti e agli omaggi, dopo la morte di Glenn Gould ancora molti aneddoti hanno circolato su di lui. La maggior parte sono falsi o esagerati, tutti presi fuori contesto. 

I suoi guanti e il suo modo di scaldarsi le mani prima di suonare sono stati presi in giro. In realtà quale pianista preferirebbe suonare con le mani fredde? Specie se in Canada? 

È stato affermato che si rifiutava di “vedere la gente”, di “stringere la mano”. La stampa si è presa gioco dei sedativi e degli stimolanti che stava assumendo. Miliardi di compresse di Valium, miliardi di fiale di Cogitum sono vendute in tutto il mondo. E quindi? Un giornalista di spicco ha scritto che Glenn Gould viveva in un fortino sotterraneo sorvegliato da guardie di sicurezza: viene da chiedersi realmente chi dovrebbe essere rinchiuso.

La leggenda narra che Gould fosse emotivamente instabile, bipolare, probabilmente autistico, apparso dal nulla, la cui apparizione sulla scena musicale sarebbe stata come un tuono. Ben diversa è la realtà. La realtà è quella di un essere complesso che, pur essendo un vero eccentrico e mostrando doti eccezionali, era molto più di quanto si dice il prodotto del tempo e dell’ambiente in cui è nato.

#childprodigy

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