
Dopo una settimana “filosofica” con Ayn Rand, con Lorenzo da Ponte torniamo ad uno dei nostri argomenti preferiti: la musica. In occasione dell’anniversario della nascita del poeta e librettista italiano, noto per la sua collaborazione con Mozart, vi raccontiamo la sua singolare e talvolta spregiudicata vita. E lo facciamo con molto piacere, in quanto nato in terra Veneta, proprio come noi!
Da Emanuele Conegliano a Lorenzo Da Ponte
Lorenzo Da Ponte nacque Emanuele Conegliano, il 10 marzo 1749, in quella che all’epoca era la Repubblica di Venezia. Per essere precisi a Ceneda, ora Vittorio Veneto. Era ebreo di nascita, ma nel 1763-64, suo padre, vedovo, convertì sé stesso e i suoi figli al cattolicesimo romano per risposarsi. Quindi Emanuele, ormai adolescente, prese il nuovo nome di Lorenzo Da Ponte, dal Vescovo che lo battezzò.
In seguito Da Ponte stesso intraprese la strada ecclesiastica e divenne sacerdote. Prese infatti gli ordini minori nel 1770 e fu ordinato sacerdote nel 1773, l’anno in cui si trasferì a Venezia. Nella città dei Dogi insegnò latino, italiano e francese. Allo stesso tempo, iniziò a scrivere poesie in italiano e latino, inclusa un’ode al vino. In aggiunta, il nostro protagonista di oggi fu professore di retorica a Treviso dal 1774 al 1776.
Sebbene fosse un prete cattolico, Da Ponte condusse una vita contraria al sacerdozio. Ebbe infatti un’amante dalla quale ebbe vari figli. Venne quindi accusato di “concubinato pubblico” e “rapimento di una donna rispettabile”. In tribunale fu affermato che il sacerdote addirittura vivesse in un bordello dove organizzava ogni sorta di divertimenti, tra cui il gioco d’azzardo.
Mentre era docente in seminario, Da Ponte non trovò di meglio da fare che pubblicare un libro di ispirazione illuminista che gli costò la proibizione di insegnare in tutte le scuole della Repubblica.
Di tutto questo Da Ponte fu dichiarato colpevole e venne quindi bandito da Venezia per 15 anni.
Da Ponte ricevette una lettera di presentazione dall’amico Caterino Mazzolà, poeta della corte sassone al compositore Antonio Salieri. Con l’aiuto di Salieri, Da Ponte ha chiese e ottenne il posto di librettista al Teatro Italiano di Vienna. Stabilitosi quindi nella capitale austriaca (probabilmente nel 1780), Da Ponte divenne poeta ufficiale alla corte dell’imperatore Giuseppe II e in tale veste scrisse libretti di successo per numerosi musicisti.
La collaborazione Da Ponte – Mozart
Fu a Vienna, nel 1783, che Da Ponte fece la conoscenza di Wolfgang Amadeus Mozart e iniziò il periodo più bello della sua carriera.
Scrisse infatti i libretti per le opere italiane più famose di Mozart: “Le nozze di Figaro” (1786), “Don Giovanni” (1787) e “Così fan tutte” (1790). La sua versione della leggenda di Don Giovanni, in particolare, ebbe un’influenza letteraria duratura. Nello stesso periodo ottiene il suo massimo successo popolare con il libretto di Una cosa rara di Martín y Soler. Questa era un’opera comica, come la maggior parte delle opere esposte al Burgtheater durante il regno di Giuseppe II. Un’altra eccellente collaborazione con Martín y Soler fu L’arbore di Diana, anche se alcuni critici la additarono come indecente.
Tutti e tre i libretti che Da Ponte scrisse per Mozart mostrano un’intima conoscenza della tradizione letteraria e teatrale italiana che Mozart difficilmente può avere posseduto. Da quando aveva quattordici anni, Da Ponte aveva letto voracemente anche capolavori latini e francesi, drammaturghi moderni come Goldoni e volumi di prosa, poesia e storia. E centinaia di libretti d’opera. E questo per cercare materiale per Mozart. Da Ponte inoltre conosceva alcuni dei più grandi scrittori dell’epoca, tra cui Gasparo Gozzi, famoso come uno dei critici più abili in Italia, nonché uno dei letterati più puri ed eleganti.
Tutte le prove sembrano mostrare che Mozart venne influenzato da lui in una misura che il compositore non avrebbe mai tollerato da nessuno dei suoi altri librettisti.
Le divergenze
Tuttavia non si sa quasi nulla di come i due uomini collaborassero. È chiaro dalle lettere di Mozart al padre quanto fosse esigente il compositore in ciò che richiedeva ai suoi collaboratori, e che gli piacesse ricevere una grande mano nei libretti che impostava.
Che i due fossero amici al di fuori della loro collaborazione professionale è improbabile, così diversa era la loro personalità; ma come soci di lavoro avevano una straordinaria empatia. Per altri compositori Da Ponte a volte scriveva testi diciamo “blandi”; ma per “il divino Mozart“, come Da Ponte lo definì negli anni successivi, scrisse libretti che sono miracoli di abilità, poesia e conoscenza del cuore umano.
Come dicevamo, tra Mozart e Da Ponte, sul fronte professionale, c’erano numerose divergenze. Il primo credeva, ad esempio, che l’opera italiana dovesse essere il più comica possibile, mentre Da Ponte era convinto che dipingere diversi stati d’animo fosse essenziale per coinvolgere le simpatie dell’ascoltatore. Mozart sentiva anche che l’elemento comico nell’opera buffa dovesse essere violento e spesso assurdo, come lo è in Il Flauto Magico, mentre Da Ponte non voleva rinunciare alla tradizione letteraria e colta che era una parte così fondamentale del suo essere.
Mozart inoltre detestava le rime fine a sé stesse. “I versi sono davvero l’elemento più indispensabile per la musica”, scrisse al padre, “ma far rima, solo per amor di rima, il più dannoso“. Eppure le rime abbondano in tutte e tre le opere, e per accompagnarle Mozart compose alcune delle musiche più affascinanti che siano mai state scritte. In Così fan tutte in particolare, il complesso schema delle rime è così abile che le parole quasi cantano da sole.
Lorenzo Da Ponte goes to USA
Nel 1790, alla morte dell’imperatore austriaco Giuseppe II, Da Ponte ne perse il patrocinio. Riprese quindi il suo vagabondaggio. Dopo un periodo a Londra (1792-1805) dove lavorò come librettista al King’s Theatre, emigrò negli Stati Uniti per sfuggire ai creditori. Da Ponte si trasferì prima a New York, poi a Sunbury, in Pennsylvania, dove gestì per un breve periodo un negozio di alimentari, lavorando come distillatore. Diede anche lezioni private di italiano e francese.
Tornò a New York per aprire una libreria e vi si stabilì, dove si dedicò all’insegnamento della lingua e letteratura italiana al Columbia College e alla promozione delle attività culturali del Belpaese.
Al Columbia College ottenne la nomina a primo professore di letteratura italiana. Fu inoltre il primo prete cattolico romano ad essere nominato alla facoltà e, a dirla tutta, anche il primo ad essere nato ebreo! A New York ebbe il merito di introdurre l’opera e la musica di Gioacchino Rossini agli americani, attraverso un tour di concerti con la nipote Giulia Da Ponte.
Nel 1828, all’età di 79 anni, Da Ponte divenne cittadino statunitense naturalizzato. Cinque anni dopo, fondò il primo teatro d’opera d’America, la New York Opera Company. A causa della sua mancanza di acume negli affari, tuttavia, il teatro durò solo due stagioni prima venduto per pagare i debiti della compagnia. Questo teatro fu, tuttavia, il predecessore della New York Academy of Music e della Metropolitan Opera.
Lorenzo Da Ponte morì il 17 agosto 1838 a New York. Un enorme funerale si tenne nella cattedrale di San Patrizio. E’ sepolto al Calvary Cemetery, precisamente qui (sì, è un sito dove si possono trovare le tombe dei personaggi famosi e le loro lapidi, tipo quella bellissima di John Keats).
Eredità di Lorenzo da Ponte
Mentre Da Ponte scrisse o adattò, in verità, quasi 50 libretti per 19 compositori, non c’è dubbio che le sue opere più famose siano le tre che scrisse per Mozart. Per molti, queste tre opere sono fondamentali per il loro tono mutevole, per i personaggi affascinanti e per le intriganti strutture della trama. In particolare “Le Nozze di Figaro” viene citata come la più grande opera mai creata, e il contributo di Da Ponte è una delle ragioni principali del suo successo.
Tuttavia, per quasi 150 anni dopo la sua morte, il nome di Lorenzo Da Ponte rimase in relativa oscurità. Fu solo negli anni ’80 che iniziò a essere riconosciuto come uno dei più grandi librettisti mai vissuti.
Ma che cosa rende indimenticabile un librettista? E’ proprio nelle sue memorie e in altri scritti che Da Ponte ce lo spiega. Elenca infatti le molte qualità che, a suo avviso, erano necessarie per fare un buon librettista. Tra queste c’erano il sentimento, la vivacità dell’affetto, la verità della caratterizzazione, la grazia del linguaggio, l’immaginario poetico. E la comprensione di come alternare “il mite e il feroce, il leggero e il patetico, il pastorale e l’eroico”.
Per Da Ponte scrivere versi era facile come respirare, ma dietro tutto questo c’era una vastissima conoscenza della letteratura classica e contemporanea. E, oltretutto, aveva anche la capacità di sintonizzare l’armonia verbale e quella musicale.
Che si trattasse di scrivere testi seri o comici, una delle più grandi doti di Lorenzo Da Ponte era la sua versatilità e la sua capacità di adattarsi alle esigenze del suo compositore.
Ma, soprattutto, la sua grandezza risiedeva nell’abilità di dare allo spettatore la sensazione di guardare esseri umani reali piuttosto che personaggi standardizzati, ed è questo che rese immortali le sue opere.
La vita secondo Lorenzo Da Ponte
Vi lasciamo con una citazione dalle memorie del protagonista di oggi per farvi capire quanto fosse un bon vivant.
Appena tornato a casa mi posi a scrivere. Andai al tavolino e vi rimasi per dodici ore continue, con solo una bottiglietta di tocai a destra, il calamaio nel mezzo e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni…veniva nella mia camera a suono di campanello, che per la verità io suonavo assai spesso, e singolarmente quando mi pareva che l’estro cominciasse a raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or una tazza di caffè, or nient’altro che il suo bel viso, sempre gaio e ridente e fatto appunto per ispirare l’estro poetico e le idee spiritose.
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