
Non è la prima volta che parliamo di batteristi in questo blog, vi ricordate quando raccontato la storia di Keith Moon? Oggi vi raccontiamo quella di John Bonham che, con le sue bacchette, ha scritto il destino della musica insieme ai Led Zeppelin, nell’anniversario della sua scomparsa, esattamente oggi 40 anni fa.
Breve biografia di John Bonham
John Henry Bonham nasce il 31 maggio 1947 dai britannici Joan e Jack Bonham a Redditch, in Inghilterra. La passione per la batteria arriva praticamente subito, infatti inizia a suonarla all’età di cinque anni.
Bonham frequenta la Lodge Farm Secondary Modern School e, dal 1962 al 1963, suona per il Blue Star Trio e per Gerry Levene & the Avengers. Poco dopo, durante l’adolescenza, inizia a suonare con la sua prima band di semi-professionisti, Terry Webb and the Spiders.
Il 1968 è un anno estremamente importante per John Bonham per due motivi. Il primo è perché sposa Pat Phillips, che aveva conosciuto quattro anni prima. Il secondo è perché entra a far parte di quella che considero una delle più grandi band di sempre (e so che non è solo il mio pensiero), i Led Zeppelin. La storia del nome della band è piuttosto curiosa, anche perché il posto di Bonham poteva essere preso dal già nominato Keith Moon.
Riportiamo le parole tratte dall’articolo di questo blog a riguardo: Quando prese brevemente in considerazione l’idea di lasciare The Who nel 1966, Keith Moon parlò a Entwistle e Jimmy Page per formare una sorta di supergruppo. Disse che il suggerimento gli era arrivato come uno “zeppelin di piombo” (piuttosto che un palloncino di piombo), un nome che Page conservò per quando ne ebbe bisogno qualche anno dopo. (In realtà in inglese lead balloon, pallone di piombo, significa fallire miseramente, cosa che non accadde proprio, anzi!).
La carriera con i Led Zeppelin
Per fortuna, appunto nel 1968, John Bonham entra nei Led Zeppelin e Keith Moon resta con gli Who: questo era il destino della musica, due grandi band con due altrettanto grandi batteristi.
Jimmy Page in Luce Ombra – Incontro con Jimmy Page (https://amzn.to/3koZQjm) racconta di aver cercato un batterista potente per formare i Led Zeppelin, ma Bonham “andava oltre ogni confine potessi immaginare. Era semplicemente sovrumano”.
Prima dei Led Zeppelin la batteria era quasi sempre relegata a un ruolo di puro appoggio. In molti dischi prodotti negli anni sessanta la grancassa, se non l’intera batteria quasi non si sentiva. Esistono varie spiegazioni convincenti per quello strano “mutismo”: in parte era dovuto ai limiti della tecnologia, oppure all’incompetenza dei fonici dell’epoca, o ancora al semplice fatto che quella era una banalissima consuetudine.
Page, invece, voleva portare l’impatto della sua band ai massimi livelli, quindi cercò un modo completamente nuovo per registrare la batteria. Il suo esperimento diede risultati così positivi che a tutt’oggi il chitarrista annovera il microfonaggio della batteria di John “Bonzo” Bonham tra i suoi maggiori traguardi in termini di produzione e ingegneria del suono.
Gli album
Nel 1969, i Led Zeppelin escono con il loro album omonimo di debutto, pubblicato sotto l’etichetta Atlantic Records. L’album inizialmente riceve recensioni negative dalla critica, tuttavia riesce ad avere un notevole successo commerciale. Nel 2012 la rivista Rolling Stone lo inserisce tra i 500 migliori album di tutti i tempi.
Sempre nello stesso anno i Led Zeppelin, ormai inarrestabili, fanno uscire il secondo album, Led Zeppelin II, nominato ai Grammy Award. Anche questo album ha un enorme successo e diventa uno dei più venduti della band.
Nel 1970, dopo Led Zeppelin e Led Zeppelin II, esce il terzo album…indovinate come si chiama? Ovviamente Led Zeppelin III! E il quarto album dell’anno successivo? Esatto, Led Zeppelin IV. Entrambi questi album ottengono un grande successo commerciale e vengono apprezzati dalla critica. Quest’ultimo diventa un vero e proprio bestseller, contenendo anche le canzoni super-popolari “When the Levee Breaks”, “Black Dog” e “Rock and Roll”.
Sempre nel 1971, John Bonham suona la batteria nella canzone “Everybody Clap”, della cantante scozzese Lulu Kennedy-Cairns. La canzone viene scritta da Maurice Gibb (uno dei Bee Gees) e Billy Lawrie.
Nel 1973, i Led Zeppelin escono con il loro quinto album, e qui chi si aspettava Led Zeppelin V rimarrà deluso. L’album si intitola infatti Houses of the Holy. Ottiene una nomination ai Grammy Award e raggiunge la vetta delle classifiche musicali dell’epoca.
Due anni dopo esce il sesto album in studio dei Led Zeppelin, Physical Graffiti. L’album contiene una delle più famose canzoni della band, Kashmir, che Bonham ha anche co-scritto.
Nel 1976 la band pubblica il settimo album, Presence, che riceve critiche contrastanti.
Alla vigilia degli anni ’80 Bonham suona la batteria nell’album dell’amico Roy Wood (cofondatore degli Electric Light Orchestra) e nel gruppo rock inglese Wings per il loro album Back to the Egg.
Devono essere stati proprio dei tempi stupendi, a vivere in Inghilterra, con l’opportunità di chiamare il batterista dei Led Zeppelin a suonare nella tua band! Di certo non posso dire lo stesso!
Il nono e ultimo album in studio, intitolato Coda, esce nel 1982, due anni dopo la morte di John Bonham, che si spegne a soli 32 anni.
Morte
Il 24 settembre 1980 John Bonham partecipa alle prove ai Bray Studios in vista dell’imminente tour in America. Dopo una giornata trascorsa a suonare e a bere vodka si ritira nella nuova dimora di Page a Windsor con il resto della band. A mezzanotte, accompagnato da uno degli assistenti di Page, il batterista si reca in camera da letto e si addormenta, ma ad un certo punto il suo cuore smette di battere.
John “Bonzo” Bonham, colonna portante dei Led Zeppelin, era morto: aveva 32 anni. Il medico legale certifica un “decesso accidentale”, concludendo che il musicista era morto soffocato dal proprio vomito mentre dormiva inebriato da un consumo eccessivo di alcolici. Questa triste morte mi ricorda quella di Janis Joplin, molto simile, che avevamo raccontato qualche tempo fa.
Poche settimane dopo gli altri membri del gruppo, distrutti dalla perdita, si riuniscono al Savoy Hotel di Londra, dove Robert Plant comunica al manager che, senza Bonham, la band non poteva semplicemente continuare. Non era una sorpresa. Spesso Jimmy Page aveva descritto i Led Zeppelin come il quinto elemento nato dalla fusione alchemica dei suoi 4 componenti. La logica conseguenza era che, eliminando un fattore dalla formula, l’intera struttura crollava. “Se fosse toccato a chiunque altro di noi, non credo che saremo andati avanti”, ha affermato Page. “Eravamo fatti così. Nessun altro aveva le capacità di John. “
Il 4 dicembre 1980 i 3 membri del gruppo rilasciano una dichiarazione pubblica che sancisce ufficialmente lo scioglimento della band: i Led Zeppelin non esistevano più.
Page disse che la morte di Bonzo”è stato uno shock”, e la definì come il momento peggiore della sua vita. Il lascito di John Bonham è però enorme (il figlio Jason è anch’egli un batterista di successo), e non smette di ispirare a 40 anni dalla sua scomparsa.
Cosa possiamo imparare da John Bonham?
John Bonham è riconosciuto per alcuni tratti distintivi ed è, ancora oggi, fonte di ispirazione per molti batteristi: la velocità (specie con il piede destro), la potenza, e un impareggiabile senso del groove (cosa per cui ad esempio ammiro moltissimo Stewart Copeland dei Police). In aggiunta, Bonham è stato capace di creare dei suoni diversi, decisamente innovativi, grazie anche alle combinazioni inusuali mano-piede.
Ad esempio nel capolavoro Stairway to Heaven, la combinazione mano-piedi di cui stiamo parlando può essere ascoltata al minuto 6:21. oppure in Dazed and Confused la si trova al minuto 4:57.
Oltre alla combinazione mano-piede, abbiamo già preannunciato la sua velocità, una delle caratteristiche peculiari di Bonham, soprattutto con il piede destro. Era infatti capace di suonare molto rapidamente senza l’ausilio di un doppio pedale o di due grancasse, cosa che utilizzano in tantissimi oggi (insieme anche ai trigger…)
E parliamo anche dello stile di John Bonham, perchè possedeva un grandissimo senso del groove. Aveva un gusto molto eclettico; era infatti un grande fan della musica soul, funk e blues, che si riconosce molto bene in quello che suona.
I manuali di tecnica batteristica parlano di “groove shuffle diJohn Bonham” e della sezione basata sulla samba. Questi sono esempi di come l’ascolto di diversi stili di musica può creare uno stile totalmente personale. Cercherò di convincere anche me stessa su quest’ultima frase che ho scritto, perché faccio fatica a crederci essendo piuttosto settoriale nella scelta della musica.
Ad ogni modo, è evidente che gli stimoli dall’esterno, l’ingegno e la perseveranza sono la chiave per la creatività e il successo che, purtroppo, John Bonham non ha goduto troppo a lungo. Lunga invece, e imperitura, è la memoria che avremo di lui.
#getyourgrooveon
#magiconsticks