Cari amici amanti dei ritmi veloci, dell’anarchia, delle giacche borchiate e del tartan, oggi vi raccontiamo perché il Punk si chiama così! Quindi drizzate le creste e pronti per questa narrazione!
Il primo uso del termine risale al Chicago Tribune del 22 marzo 1970, quando un album del cantante Ed Sanders venne definito di “punk rock-redneck sentimentality”. Che tradotto significa “sentimentalismo punk rock da bifolco”.
Ecco perché questa storia ve la spariamo proprio in questa data. Ma partiamo dall’inizio, dobbiamo fare un bel salto nel passato!
Etimologia del termine punk
William Shakespeare fu uno dei primi ad utilizzare la parola “punk”, il cui significato originario in inglese era “prostituta femminile”.
Pare, secondo l’Oxford English Dictionary, che il primo uso registrato dela parola si trovi in una ballata chiamata “Simon The Old Kinge” composta qualche tempo prima del 1575. Questa ballata inglese ricorda agli uomini che bere è un peccato simile a mantenere le prostitute.
Una trentina di anni dopo, Shakespeare usò la parola nell’opera Measure for Measure dichiarando, a proposito di un personaggio femminile “Potrebbe essere una Puncke” (traduzione contemporanea: “potrebbe essere un po’ mignotta”).
Nel tempo la parola ha assunto significati diversi. Alla fine del XVII secolo iniziò ad essere usata per descrivere un ragazzo che veniva mantenuto da un uomo più anziano per il sesso. Insomma, sempre una bella accezione!
Il termine è stato successivamente utilizzato come insulto dispregiativo di vario genere. Ad esempio, nel gergo carcerario statunitense, definiva un detenuto usato per il sesso dietro le sbarre. Oppure designava i giovani compagni maschi di vagabondi. Infine la parola divenne la descrizione di persone spregevoli o inutili, piccoli criminali e giovani inesperti in generale.
E quindi arriviamo al 1970 con il Chicago Tribune e all’anno successivo, quando il giornalista rock statunitense Dave Marsh usò la parola punk per descrivere – retroattivamente – le garage band degli anni ’60. Meno noto è invece l’uso del termine per pubblicizzare i primi spettacoli del duo minimalista di elettronica e voce New York Suicide.
L’evoluzione del punk
Come abbiamo detto poco fa, presa in prestito anche dal gergo carcerario, la parola punk è stata usata per la prima volta in un contesto musicale all’inizio degli anni ’70.
Oltre all'”album da bifolchi”, il termine prese piede quando compilation come Nuggets di Lenny Kaye (1972) diedero il via ad una moda e all’interesse per il garage rock della metà degli anni ’60, composto da gruppi come i Seeds, i 13th Floor Elevators e i Mysterians.
Nel frattempo, altri gruppi americani come MC5, Iggy and the Stooges e i New York Dolls avevano iniziato a usare il rock per riflettere sull’angoscia giovanile e, in qualche modo, definirla.
Nel 1975 il punk era arrivato a descrivere la scena rock minimalista e letteraria del CBGB, il club di New York City dove si esibivano il Patti Smith Group e i Television. Anche i Ramones si esibirono lì, e il loro album di debutto omonimo del 1976 divenne l’archetipo: chitarra come barriera per tutti gli altri suoni, batteria a creare la struttura e voce per proclamare slogan di ostilità e disagio.
The Velvet Underground sono l’aggiunta a questo puzzle. Diretti da Andy Warhol, i Velvet Underground producevano musica che spesso rasentava il rumore. Stavano espandendo le definizioni di musica senza nemmeno rendersene conto. L’ultima influenza primaria del punk si trova anche nelle fondamenta del Glam Rock.
Artisti come David Bowie e i sopramenzionati New York Dolls si vestivano in modo oltraggioso, vivevano in modo stravagante e producevano rock and roll trash, cosa che si rifletterà molto nel punk britannico, che vi raccontiamo al prossimo paragrafo.
From USA to UK – La cultura Punk
Il termine punk si diffuse via via fino in Gran Bretagna, dove i Sex Pistols furono creati a tavolino da Malcolm McLaren (con lo zampino di Vivienne Westwood) per promuovere il suo negozio londinese Sex, che vendeva abiti fetish pieni di slogan della politica radicale degli anni ’60.
Annunciati dal loro singolo manifesto, Anarchy in the U.K., i Sex Pistols stabilirono il punk come uno stile nazionale che combinava moda dagli elementi contrastanti con hard rock veloce e testi che affrontavano le frustrazioni degli adolescenti degli anni ’70.
Rispecchiando lo sconvolgimento sociale con una serie di canzoni caratterizzate da sarcasmo e da una visione molto precisa della vita e della cultura dell’epoca, gruppi come i Buzzcocks, i Clash e Siouxsie and the Banshees ottennero grandi successi alla fine degli anni 70.
Anarchico, e libertario, il punk britannico si autodistrusse all’incirca nel 1979. Gruppi postpunk come Public Image Ltd e Joy Division sostituirono il lato mondano e più “cazzaro” del movimento con un punto di vista più intimista, abbinando il rock ai ritmi tecnologici della disco.
E altrove
Sebbene i successi nelle classifiche dei Sex Pistols del 1977 (principalmente “God Save the Queen” e “Pretty Vacant“) avessero reso la Gran Bretagna il focolaio di un nuovo movimento giovanile, sviluppi simili si erano verificati in Francia, Australia e, di nuovo, Stati Uniti.
I tour di gruppi punk britannici come i The Damned e i sopramenzionati Sex Pistols alimentarono importanti scene punk regionali a Seattle, Washington, San Francisco e Los Angeles. Per citare un tour su tutti: quello del 1979 dei The Damned, con la loro versione americana, i Misfitfs. Probabilmente dalla poetica di queste due band, con la loro introduzione di tematiche horror nella scena punk – ricordiamo il logo stesso dei Misfits – si deve l’uso del teschio, quasi piratesco, come emblema di ribellione punk.
Alla fine degli anni ’70, tuttavia, il punk negli Stati Uniti fu eclissato dalla disco music e convogliò in altro tipo di movimenti musicali. Ad esempio l’hardcore, che fiorì dall’inizio alla metà degli anni ’80 e diede una ulteriore accelerata ai bpm del già accelerato punk.
Il pieno ritorno del punk arrivò solo dopo il successo dei Nirvana nel 1991, in coincidenza con l’ascesa della Generazione X. Una generazione che si identificava con i sentimenti di rabbia e di impotenza già verificatisi negli anni ’60 e ’70.
Il punk, di fatto, non è mai morto, ha continuato a vivere fino al giorno d’oggi in migliaia di gruppi, prendiamo ad esempio i Green Day o i Blink 182, per citarne un paio. Per farvi un’idea guardate questa lista, è davvero infinita!
Perché il punk?
Infinito potrebbe essere questo articolo di oggi, perché il punk ha influenzato culture e subculture, ideologie, arti visuali come moda (oltre la sopracitata Westwood, menzioniamo Alexander McQueen) e cinema, generi letterari (pensiamo ad esempio a Jack Kerouac). Sicuramente ne parleremo ancora!
Ma perché il punk si diffuse così tanto? E perché è così importante?
Perché è un archetipo della ribellione e dell’alienazione adolescenziale. E perché al centro c’era una raccolta di idee. Nichilismo, pessimismo, antiautoritarismo ed eterogeneità. Provocazione, teatralità, edonismo, sperimentazione ed uguaglianza di valori sociali. E ancora: dissoluzione degli ideali olistici della società, rottura del tessuto sociale. Disaggregazione e frammentazione.
Visto che, è chiaro, è davvero difficile descrivere tutto ciò che è punk, lascio la parola ad alcuni dei suoi interpreti più significativi.
Le frasi celebri
La popolarità del punk rock era, in effetti, dovuta al fatto che rendeva bella la bruttezza (Malcom McLaren)
Il punk è libertà musicale. Significa dire, fare e suonare quello che vuoi. Nel dizionario, “nirvana” significa libertà dal dolore, dalla sofferenza e dal mondo esterno, e questo è molto vicino alla mia definizione di Punk Rock (Kurt Cobain)
Un ragazzo mi si avvicina e mi chiede “Che cos’è il punk?” Quindi prendo a calci un bidone della spazzatura e dico “Questo è punk!” Quindi lui prende a calci un bidone della spazzatura e dice “Questo è punk?” E io dico “No, è trendy! (Billy Joe Armstrong – Green Day)
Sono entrato nella scena punk perché il punk resta con te, ti insegna qualcosa. Molta altra musica del tempo invece ti ha lasciato esattamente lì, come ti ha trovato (Mick Jones, The Clash)
Minare la pomposa autorità, rifiutare gli standard morali, fare dell’anarchia e del disordine il tuo marchio di fabbrica. Causa più caos e disordine possibile, ma non lasciare che ti prendano vivo (Sid Vicious)
E la mia preferita:
Punk rock è solo un’altra parola per libertà (Patti Smith)
#peoplehavethepunk
#punkness