Oggi 30 dicembre concludiamo questo anno “Zoastudiano” parlando di Patti Smith, una donna straordinaria, cantautrice, poetessa, inserita dalla rivista Rolling Stone al quarantasettesimo posto nella sua classifica dei 100 migliori artisti (al quarantaseiesimo c’è un’altra donna straordinaria, di cui abbiamo già parlato qui, Janis Joplin www.zoastudio.com/2019/10/04/janis_joplin/). E’ molto difficile riassumere in pochi paragrafi l’incredibile storia della Sacerdotessa del rock, ma ci proviamo nei prossimi.
L’infanzia e l’adolescenza di Patti Smith
Patricia Lee Smith nasce il 30 dicembre 1946. Lei stessa ci tiene a sottolineare di essere nata un lunedì durante una bufera di neve nel North Side di Chicago. E’ la prima di 4 figli e, molto piccola, è costretta a trasferirsi in New Jersey, dove cresce, per necessità di lavoro paterne. Il rapporto con il padre non è dei migliori, lui la considera troppo poco attraente per trovare marito; così la spedisce in una scuola per diventare insegnante, professione sicura e rispettabile per una donna single. A sedici anni la madre le dona La Favolosa Storia di Diego Rivera. Quella storia fa sognare alla giovane Patti una vita come quella di Diego e Frida Khalo e di essere parte della fratellanza degli artisti, mentre lavora in fabbrica per guadagnarsi da vivere.
A 19 anni Patti Smith resta incinta di un ragazzo più giovane di lei e dà in adozione una bambina che non conoscerà mai. Quell’evento la segna incredibilmente e promette a sé stessa che nella sua vita deve fare qualcosa di importante. “Nella primavera del 1967 tirai le somme della mia vita. Avevo messo al mondo una bimba in salute e l’avevo affidata alla protezione di una famiglia amorevole e istruita. Avevo abbandonato il college magistrale perchè non possedevo la disciplina, l’interesse e neppure i soldi per proseguire. Avevo un lavoro temporaneo a salario minimo in uno stabilimento di libri di testo a Philadelphia“. All’indomani di questa promessa fatta a se stessa, Patti Smith sale si un autobus diretto a New York per diventare un’artista.
Patti Smith a New York
Patti raggiunge New York, in quegli anni il fulcro della rivoluzione culturale che proclamava ideali di libertà, amore e pace, piena di sogni e speranze, ma anche priva di denaro, di un alloggio e di un posto di lavoro. Dorme nei parchi e per strada, senza che nessuno le facesse del male, protetta da una specie di comunità di artisti e sognatori come lei. Ed è in questa comunità che incontra Robert Mapplethorpe, uno dei fotografi americani più grandi del Novecento, con cui stringe un legame profondo, sia dal punto di vista umano che artistico. Questo legame è raccontato nel libro scritto dalla stessa Patti Smith, Just Kids, un capolavoro. Ne abbiamo già parlato qui www.zoastudio.com/2019/03/09/just-kids. Si trasferiscono nel celeberrimo Chelsea Hotel, crocevia di artisti bohemien, dove incontrano Janis Joplin, Jimi Hendrix e molti altri.
Di quel periodo, nel volume sopracitato, Patti racconta “Non ho mai sognato di suonare in un gruppo rock, questa idea proprio non c’era nel mio mondo. Ma il mondo, come ha detto qualcuno, stava cambiando rapidamente”. E ancora “la mia missione è comunicare, risvegliare la gente, darle la mia energia e ricevere la sua. Ci siamo dentro tutti, e io reagisco emotivamente come lavoratrice, come madre, come artista, come essere umano dotato di voce. Abbiamo la responsabilità di allenarla e usarla”. Per vivere, in quel periodo, Patti svolge vari lavori; dalla commessa di un negozio di libri, alla critica per una rivista musicale e compone musiche per le sue recitazioni libere, reading di poesie, accompagnata dal chitarrista Larry Kaye, presente in tutti i suoi album degli anni 70.
La carriera artistica
Ci sono state varie folgorazioni, epifanie artistiche che hanno segnato il percorso di Patti Smith e la sua produzione musicale. È lei stessa a raccontarlo in un’intervista alla rivista Rolling Stone: “Sono cresciuta insieme all’intera storia del rock ‘n’ roll. Quando Little Richard salì alla ribalta io ero una bambina. Ricordo la prima volta che ascoltai Jim Morrison alla radio “Riders on the Storm”. Ero in macchina con un mio amico. Ci fermammo, perché non riuscivamo proprio a proseguire. “Che roba è mai questa? Cosa stiamo ascoltando? Ricordo ancora quel senso di meraviglia. Quando uscì “Like a Rolling Stone” andavo all’università: credo fosse il mio anno da matricola. Fu qualcosa di così clamoroso che nessuno andò in classe. Semplicemente, ciondolavamo in giro parlando della canzone. Ma era inutile. Non c’era bisogno di traduzione. Semplicemente, ti faceva sentire non più solo: c’era qualcuno che parlava la tua lingua.
Gli anni ’70 e ‘80
Anche Patti Smith iniziò, all’età di 28 anni, a parlare la lingua di pochi all’inizio (come già menzionato attraverso letture di poesie e suoni) ma poi di molti, attraverso una voce e una musica passionali, grezze, quasi punk che culminano nell’album Horses del 1975. Escono poi altri album, Radio Ethiopia del 1976, Easter nel 1978 e Wave del 1979. Wave, a mio avviso, contiene forse una delle più belle canzoni d’amore di sempre, Frederick, dedicata all’omonimo e all’epoca futuro marito di Patti.
Infatti nel 1979, dopo un trionfale tour in Italia, Patti Smith annuncia a sorpresa il ritiro dalle scene e sposa appunto il chitarrista degli MC5 Fred Smith, da cui avrà due figli. Passa dal divismo rock ‘n roll al quasi completo anonimato vivendo in maniera più semplice ma, come emerge da varie interviste, questo la rende felice. “Vivevo una vita davvero meravigliosa. Trascorrevo le giornate insieme ai miei taccuini, guardando Jackson raccogliere conchiglie o fare un castello di sabbia”.
Patti racconta anche come riusciva a sopravvivere in quel periodo: “Avevamo un po’ di denaro, un po’ di diritti d’autore. Abbiamo passato periodi difficili. Talvolta ci capitava una piccola fortuna inattesa: Bruce Springsteen incise Because the Night (che avevano scritto insieme). Potrei lamentarmi di quella canzone, perché non la sopporto proprio più, ma sono molto riconoscente. Ci ha tirato fuori dagli impicci in più di un’occasione… ma imparammo a vivere in maniera estremamente frugale. Quando questo non fu più possibile, incidemmo Dream of Life (1988)”. Quest’album contiene una delle maggiori hit di Patti, People have the Power, ma l’album non ha un enorme successo, seppur apprezzato.
Dagli anni 90 ad oggi
Alla fine degli anni ’80 e inizio ’90, la vita di Patti Smith è segnata da lutti dolorosissimi. Robert Mapplethorpe viene muore nel 1989 a causa di complicazioni conseguenti all’AIDS. Nel 1990 muore Richard Sohl, fidato pianista, e nel 1994 l’amatissimo Fred viene colpito da un attacco di cuore. Patti gli dedicherà il suo album del 1996, Gone Again, che da tempo progettava con lui. È Bob Dylan ad incoraggiarla a tornare ad esibirsi in pubblico, dopo sedici anni di assenza dal palcoscenico, e lo fa portandola con sé in tour. Seguono altri album e altri palcoscenici di tutto il mondo.
Nel 2005, in occasione del trentesimo anniversario dalla pubblicazione del suo primo album, Horses, pubblica una nuova versione contenente due dischi; il primo è l’originale, mentre il secondo è lo stesso album ma suonato interamente dal vivo alla Royal Festival Hall di Londra con una band rivista (il basso lo suona Flea dei Red Hot Chili Peppers).
Patti Smith e l’Italia
Nel 2006 Patti Smith suona a Torino in occasione delle Olimpiadi Invernali e l’anno successivo entra a far parte della Rock & Roll Hall of Fame (http://www.zoastudio.com/2019/03/22/rock-roll-hall-of-fame/). Nel 2008 duetta con Irene Grandi e Francesco Renga per un progetto umanitario sul microcredito in Africa e l’anno successivo intraprende una collaborazione con il gruppo aretino folk Casa del Vento ( https://en.wikipedia.org/wiki/Casa_del_Vento).
L’Italia è sempre stata molto importante per Patti Smith e il sodalizio tra il Bel Paese e l’artista americana continua: nel 2012 duetta con i Marlene Kuntz a Sanremo cantando Impressioni di Settembre della PFM e la sua Because the Night, che le regala una standing ovation dal pubblico dell’Ariston. Nel 2013 è ospite a The Voice of Italy, dove ripropone Because the Night insieme a Noemi, Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante e Piero Pelù.
Laurea ad honorem
Rispettivamente il 3 maggio 2017 e il 28 novembre 2019 Patti Smith riceve due lauree ad honorem, la prima in lettere classiche e moderne all’Università di Parma e la seconda in lingue e letterature europee e americane all’università di Padova. Ecco le parole riportate dal sito di quest’ultimo ateneo: “Sono onorata di ricevere questo riconoscimento dalla stessa università che ha dato la prima laurea a una donna (Elena Lucrezia Cornaro Piscopia nel 1678) e in cui ha insegnato Galileo. Sono davvero felice“.
Queste le motivazioni con cui l’università di Padova ha conferito la laurea ad honorem a Patti Smith:
“Per Patti la parola è dialogo fra arte e società, sospesa fra il sussurro religioso e l’urlo disperato. Dai suoi esordi come autrice di poesie e di happening punk rock fino alle successive sperimentazioni nel rock alternativo Patti Smith ha esplorato le virtù espressive della parola in ogni sua forma: recitata, cantata, urlata, sputata, sognata, sussurrata. E ha abbracciato non solo la precarietà delle forme espressive, ma anche quella emotiva dei suoi innumerevoli personaggi spesso marginali e dissociati, vittime e carnefici, dall’identità̀ sessuale mutevole e incerta.
Le memorie del sottosuolo cantate da Patti Smith hanno trasceso la fragilità umana in attesa di un riscatto umano, sociale, religioso che possa cogliere, per usare le sue parole, il “sogno della vita / scagliato dal paradiso / eterno e sempre nuovo”. Nei suoi testi riscontriamo inoltre l’ispirazione che le proviene anche dalle grandi letterature europee e americane fra modernità e contemporaneità…In Patti Smith troviamo dunque la varietà che ascriviamo ai grandi artisti della parola, il saper abbracciare insieme la fiducia nel riscatto sociale e la fragilità di chi sa che la notte appartiene agli amanti”.
The night belongs to lovers Patti, ma questi riconoscimenti e questa giornata appartengono a te.
#justpatti
#shapingwords
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